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La 27° ora: Videogiochi che "allenano" alla violenza e io li stavo per regalare a mio figlio

Ultimo Aggiornamento: 24/02/2015 14:00
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VIDEOGIOCHI CHE "ALLENANO" ALLA VIOLENZA
E io li stavo per regalare a mio figlio




Ogni giorno quando guardo mio figlio provo una gioia immensa, perché lui è la mia vita, ma contemporaneamente provo una sensazione di apprensione subliminare, che persiste e persiste e persiste e persiste…È come se mi aspettassi che da un momento all’altro questo suo essere felice, sereno, pieno di vita possa trasformarsi in qualcosa di brutto, possa essere sconvolto da qualcosa che nonostante i miei sforzi per proteggerlo possa sfuggire al mio controllo e possa in qualche modo danneggiarlo per sempre e togliergli la serenità. Mi sento impotente come mamma, perché da un lato vorrei controllarlo sempre ma dall’altro mi rendo conto che deve fare le sue esperienze per crescere e diventare un adulto responsabile, ma allora come si fa? Fino a dove posso interferire nella sua vita, quali sono le insidie più grandi per un adolescente, come mi devo comportare, come faccio ad essere informata sul suo mondo e intervenire prima che possa farsi del male? Come faccio ad impedirgli di venire a contatto con queste insidie? Una cosa credo di averla capita: non si può impedire il contatto ma si deve rendere capaci i ragazzi di gestire le insidie, e questo mi è stato confermato da chi si occupa proprio di questi argomenti, e questa è la storia che vi voglio raccontare.

Mio figlio Francesco ha 11 anni e come tutti i suoi coetanei ama giocare ai videogiochi. Qualche tempo fa mi ha chiesto di comprargli un nuovo gioco per la Play Station: «mamma ti prego, è un gioco bellissimo, ce l’hanno tutti, adesso è appena uscita la nuova versione, mamma ti prego, si chiama GTA V, ti prego mamma me lo compri?». Ho chiesto che tipo di gioco fosse e lui mi ha risposto: «È un gioco di corse di macchine e di inseguimenti, è bellissimo, mamma ti prego». Dato il suo buon rendimento scolastico ho deciso di esaudire la sua richiesta. Ma il gioco era esaurito e quindi abbiamo fatto una prenotazione a mia nome (serve un adulto per fare una prenotazione), abbiamo dato una caparra di 5 euro, e ci hanno detto che avrebbero mandato un sms quando fosse arrivato. A novembre è arrivato un sms «gentile cliente la informiamo che il suo videogioco GTA V è arrivato, può venirlo a ritirare presso il nostro negozio». Non so perché ma non ho detto niente a Francesco e non sono andata a prenderlo perché non avevo tempo.

Negli stessi giorni è arrivata una comunicazione dalla scuola , il 14 novembre ci sarebbe stata una conferenza a Padova per la divulgazione dei dati sul Progetto Pinocchio e la presentazione del nuovo libro del Prof. Galimberti che si occupa dei problemi delle dipendenze nei giovani e che è stato il promotore di questo progetto. Dato che mio figlio, come moltissimi altri ragazzi delle scuole padovane, ha partecipato a questo progetto (questionario somministrato ai ragazzi a scuola con lo scopo di capire quanto siano informati o abbiano effettivamente già avuto esperienza di droghe, alcool, gioco d’azzardo, scommesse, fumo….) ho deciso di andare alla conferenza perché ero curiosa di conoscere le risposte. Per fortuna! I risultati che emergono da questo lavoro sono inquietanti, quelli che noi consideriamo ancora i nostri bambini, troppo piccoli per poter neanche pensare che conoscano questi argomenti, sono in realtà molto più scaltri di noi e sanno un sacco di cose e hanno già fatto tante esperienze a nostra insaputa. È incredibile!

In quella occasione sono venuta a conoscenza di una cosa ancora più inquietante: il gioco GTA V che stavo per regalare a mio figlio, è un’istigazione alla violenza anche sessuale, al crimine e al femminicidio. Ci hanno fatto vedere un pezzetto di scena del gioco, senza audio: sconvolgente. Ci hanno fatto leggere i commenti di due ragazzini che godevano e ridevano e si compiacevano di avere ucciso una prostituta e di averle anche rubato i soldi che aveva appena guadagnato con una prestazione sessuale. Ero incredula. Ma come è possibile che esistano dei giochi simili, che delle persone possano inventare e programmare dei giochi così, e che oltretutto questi giochi possano essere messi in vendita nei negozi? Senza parlare del fatto che i ragazzi possono anche scaricarlo da internet, quindi completamente al di fuori del controllo dei genitori, molti dei quali non sanno nemmeno che questo si possa fare. Ci è stato detto che questo “ gioco” in pochi giorni dalla sua uscita nel mercato ha fatto guadagnare ai suoi produttori più di quattro volte quello che è costato per produrlo. Che schifo.

Ma come possiamo pensare noi genitori di crescere una generazione di ragazzi sani se possono venire a contatto così facilmente con cose di simile nefandezza che persino un adulto ne resta sconvolto? Siamo disarmati di fronte a queste nuove possibilità tecnologiche e questa facilità di distribuzione online di qualsivoglia prodotto. Sono uscita da quella sala diversa da come ci ero entrata, le mie paure hanno trovato una conferma e la mia sensazione subliminale di apprensione si è trasformata in certezza di pericolo incombente. Sono stata ad un soffio dal regalare a mio figlio un’arma letale di cui non conoscevo la pericolosità, lo stavo per rovinare io stessa, che angoscia. Per fortuna ho partecipato a quella riunione, ma quanti altri genitori sono nella mia stessa situazione, quanti avranno comprato al loro figlio questo “gioco” pensando di fargli un regalo come avrei fatto io?

Io faccio la pediatra e mi sono sentita inadeguata come mamma e come professionista, mi sono chiesta cosa potevo fare e così una sera a cena, parlando dei nostri figli, ho manifestato questa preoccupazione alla mia carissima amica Ilaria Capua, Deputato alla Camera. Come sempre, da persona intelligente e concreta quale è, ha capito al volo la gravità del problema e non ha perso tempo nel cercare di provare a cambiare le cose. Posso solo dirle grazie per quanto riuscirà a fare e ringrazio anche il Prof. Galimberti per avermi aperto gli occhi prima che fosse troppo tardi.



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[Modificato da Cavax88 22/12/2014 16:06]
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29/12/2014 14:04
 
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Ma cos'è sta roba? [SM=g2539633]
leggerlo tutto è favoloso, anche se è strapieno di fesserie. [SM=x1769709]
[Modificato da The Leggend 29/12/2014 14:09]
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Mi sembrava doveroso pubblicare un contro-articolo a quello di apertura topic:

QUANDO I VIDEOGIOCHI AIUTANO A SUPERARE UN PASSATO DI VIOLENZA


Ancora una volta l’associazione è quella dei videogiochi con la violenza, anche se non come ci si potrebbe aspettare. Fra le storie di pregiudizio e giudizio negativo sul mondo videoludico come presunto promotore dei comportamenti violenti, infatti, sempre più spesso si infilano racconti che vedono i videogiochi come protagonisti positivi della vicenda. È il caso di Dan Starkey che, in un articolo molto personale pubblicato su Kotaku, racconta la sua storia e il suo rapporto singolare con i videogiochi e con, in particolare, il loro lato violento.

Dan è cresciuto in un ambiente molto negativo, in un quartiere di periferia in USA dove la criminalità era alta, e non era raro trovarsi faccia a faccia con una pistola. In quell’ambiente Dan, costantemente esposto a modelli negativi, si è trovato a formare senza rendersene conto un carattere molto ostile e con una spiccata tendenza alla violenza.

Diversi sono stati gli episodi in cui Dan è stato “il cattivo” della situazione, quando era bambino o appena adolescente, e l’ultimo ha davvero rappresentato un’esperienza significativa: Dan ha aggredito un compagno di classe che ha avuto la bella idea di insultare sua madre, picchiandolo selvaggiamente e, alla fine, sfoderando un coltello che aveva preso in casa. Dan era fuori di sé ed era convinto di ciò che stava facendo e, se i compagni di classe non fossero intervenuti per fermarlo, avrebbe accoltellato il ragazzo – e probabilmente lo avrebbe ucciso. Riuscire a evitare questa terribile esperienza ha in qualche modo segnato l’inizio di una fase diversa per Dan, fase che vede come parte fondamentale i videogiochi tanto condannati dai media: quelli violenti, anzi violentissimi.

Parliamo in particolare di titoli come Manhunt e Hatred, decisamente più violenti dei vari episodi di Grand Theft Auto o Call of Duty. In che modo hanno avuto un ruolo positivo, questi giochi, nella vita di un ragazzino tanto problematico? La risposta non è facile da comprendere nel profondo, ma è molto significatica: lo hanno aiutato a conoscere sè stesso.

Dan ha fatto diverse sedute psicoterapiche negli anni e queste sono, come molti sanno, spesso concentrate sulla comprensione delle cause che portano una persona a manifestare comportamenti sconvenienti, inusuali, autodistruttivi, violenti e molto altro. Nel caso di Dan la conoscenza di sè è stata fondamentale, in particolare perché ha iniziato a manifestare la violenza da bambino e quindi in una fase delicata della sua vita, una fase dove il livello di consapevolezza non può essere particolarmente alto. Affrontare videogiochi con scene molto violente ha aiutato – e ancora aiuta – il protagonista di questa vicenda a conoscere e affrontare lati molto profondi e bui di se stesso.

Ci vuole molto coraggio per affrontare questi lati del proprio animo e riuscire a comprendere le cause, che nel caso di Dan erano probabilmente autodifensive: il Dan bambino si sentiva costantemente minacciato dal mondo che lo circondava, ed era convinto di dover combattere duramente per poter sopravvivere. Grazie alla terapia e al supporto dei videogiochi, però, Dan è riuscito a conoscersi sempre meglio e a stimolare l’empatia nei confronti delle vittime di violenza e, in questo modo, i comportamenti violenti non hanno più avuto bisogno di manifestarsi in maniera incontrollata.

“Quando mi dedico a un videogioco estremamente violento, posso accedere alla parte più oscura di me” dice Dan, parlando in modo molto diretto dell’esperienza, aggiungendo: “Giochi come Hatred hanno il potere di ricordarmi chi ero e che i progressi che ho fatto sono reali. Prova che posso ancora sentire qualcosa, sono in grado di provare empatia, posso provarlo… e scelgo di non ferire nessuno”.

Ancora una volta dimostriamo come la violenza dei videogiochi (che emula e non ispira la violenza del mondo reale) possa avere un’influenza assolutamente opposta a quella che si crede, rappresentando in alcuni casi non solo uno svago ma un valido aiuto. Sicuramente ci vuole una certa maturità per avere il coraggio di convididere un’esperienza tanto intima con la rete, sottoponendosi a diversi giudizi spesso superficiali, con l’obiettivo di diffondere concetti più realistici e combattere i pregiudizi che, per quanto riguarda i videogame, sono ancora molto diffusi.



credit: Videogiochi.com
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06/02/2015 12:24
 
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IL QUOTIDIANO 'LA REPUBBLICA' SI SCAGLIA CONTRO GTA V
Il titolo dell'articolo recita: "Non è un gioco degradare le donne"




Ci risiamo. L'informazione italiana si scaglia nuovamente contro il mondo dei videogiochi e ancora una volta contro GTA V, titolo, a quanto pare, prediletto per questo tipo di attacchi.
Dopo l'articolo pubblicato su Corriere.it, quest'oggi vi segnaliamo il pezzo firmato da Riccardo Luna sul quotidiano Repubblica.

Il titolo dell'articolo: "'Non è un gioco degradare le donne' l'appello contro il videogame violento" ci permette di intuire immediatamente il taglio generale del pezzo e la superficialità con cui troppo spesso l'informazione generalista si avvicina al mondo dei videogiochi concentrandosi esclusivamente sulle scene di violenza (in questo caso si commenta un video nel quale viene maltrattata una prostituta) e gridando prontamente allo scandalo.

Dopo il caso su Corriere.it e il recente servizio su Striscia la Notizia ci ritroviamo nuovamente di fronte ad organi di informazione che vogliono per l'appunto informare senza, però, possedere le competenze necessarie sull'argomento che vogliono trattare.



credit: Eurogamer.it
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12/02/2015 13:30
 
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VIDEOGIOCHI, VIOLENZA E CULTURA DELLA DISINFORMAZIONE: A UNO MATTINA L'IGNORANZA DIVENTA SPETTACOLO


Oggi Uno Mattina ha ospitato l’ultimo atto di una guerra intellettualmente infamante, volta a gettare fango sull’industria videoludica e, più in generale, sul sano raziocinio di noi – apparentemente squilibrati – giocatori.
Questo a pochi giorni dall’attacco del Corriere.it, di Striscia la Notizia e a ruota Repubblica.

Ospite del conduttore Franco di Mare, la scrittrice Dacia Maraini (classe 1936) ha espresso il suo illuminato e, senza dubbio, illuminante (sarcasm involved) punto di vista sull’attuale trend “deviante” del mondo dei videogiochi.
Bersaglio delle critiche della beniamina della “generazione degli anni trenta” il buon vecchio Grand Theft Auto, che l’autrice definisce “un gioco per bambini piccoli in cui vince chi prende sotto più gente”.
Bé, dai, più o meno.

Inebriato dalla potenza argomentativa della Maraini, Di Mare domanda ad un frastornato Favij (ospite telefonico): “ma se io vedo un gioco del genere, non vengo istigato a viverlo nella vita vera? Non c’è il rischio di confondere il videogame con la vita di tutti i giorni?”.

Ora, tralasciando il vago balbettio del “giovane genio del web”, con uno stile dichiaratamente socratico vogliamo rispondere alla domanda con una domanda.

“Ma se questo fosse vero, non dovrebbe mezza Italia andare in giro per Gubbio a picchiare malviventi in abito talare?”

No, la Maraini è inamovibile: “Purtroppo questi giochi hanno un’influenza e portano all’imitazione. Il problema è la mercificazione del corpo, si è persa l’idea della sacralità del corpo umano”.

“Si vede anche dai video messi online dall’ISIS”, sentenzia definitivamente Di Mare, mentre noi decidiamo di saldare preventivamente i primi tre tasti del telecomando.



credit: VG247.it
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24/02/2015 14:00
 
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UNO MATTINA: IL CONDUTTORE PARLA DELLA "FOLLIA DEI VIDEOGIOCHI ONLINE"
Un giornalista de Il Sole 24 Ore difende i giocatori



Ed eccoci pronti per un appuntamento ormai fisso con la televisione pubblica italiana e con la visione distorta dei videogiochi fornita da Uno Mattina.

Questa volta, l'argomento trattato da Tiberio Timperi sono i videogiochi online e la "follia" che essi rappresentano.
A dare man forte a Timperi c'è il giornalista Mario Tozzi che parte con il classico "si stava meglio una volta" quando si giocava con il calcio balilla, i videogiochi sono troppo alienanti e così via. Fortunatamente a garantire il contraddittorio c'è il giornalista Luca Tremolada de Il Sole 24 Ore, che liquida l'assurda crociata portata avanti da Timperi e Tozzi con queste parole:

"Guardi, io credo che i Tozzi siano sempre esistiti e sempre esisteranno. Quando è arrivato il telefono c'era chi scriveva sui giornali che le persone non sarebbero più uscite di casa. Io ho un telefonino, un tablet e gioco ai videogiochi, però insomma faccio l'amore, aspetto un figlio e mi piacciono i tramonti. Non ho problemi e non penso di perdermi nulla."

Cosa pensate di questo ennesimo dibattito e delle parole di Tremolada?



credit: Eurogamer.it
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